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BAMBINI E TECNOLOGIA

Questa settimana ci occupiamo di parlare di un tema caldo, caldissimo, nel senso che è di veramente scottante attualità:
il rapporto dei bambini e dei giovani in genere con la tecnologia.
Teniamoci distante dagli estremi, da quelle situazioni in cui si parla di casi gravi, perché su quello non penso ci sia nulla da dire più di quello che è stato già detto ovunque: gli apparecchi tecnologici espongono i più piccoli a rischi gravi da cui dobbiamo salvaguardarli con un’estrema attenzione alle loro attività e con le protezioni adeguate (filtri e quant’altro) per evitare che incappino in esperienze pericolose.
Ma oltre a questo, qual è il rapporto migliore che i nostri figli possono intrattenere con la tecnologia?
È giusto farli giocare con tablet, smartphone e altri apparecchi che sono entrati ormai in un uso così abituale che i nuovi nati vengono al mondo già con le competenze necessarie al loro utilizzo?
Steve Jobs, l’inventore o almeno uno dei grandi pionieri di queste innovazioni, affermava che personalmente ne vietava l’uso ai propri figli (almeno a quanto riportato in interviste che circolano abbondantemente sul web) perché riteneva che potessero portare a deficit attentivi, riduzione della capacità di avere pazienza, aumento della noia ecc.
Ma dobbiamo anche sapere che la nascita di questi apparecchi è troppo recente per permettere studi sufficientemente accurati e di lungo periodo per accertare la realtà di questi rischi.
Di sicuro è esperienza comune di come sia semplicissimo abituare i giovani all’uso della tecnologia e di come, invece, sia assolutamente difficile, poi, staccarli da quegli schermi.
Non dimentichiamoci, però, che abbiamo in casa altri strumenti con i quali siamo nati anche noi e che a volte consideriamo necessari, come la televisione, in primis, che hanno lo stesso tipo di “perverso potere” di catturare l’attenzione totale dei più piccoli facendoli entrare in veri e propri stati di “transe” molto rischiosi perché abbassano le capacità critiche del cervello permettendo di veicolare qualsiasi tipo di messaggio (pensiamo per esempio al potere che anche su di noi hanno le pubblicità).
A questo proposito, l’indicazione che THE KEY si sente di dare sulla questione, segue un antico adagio che riguarda l’educazione:
non pretendere che altri facciano ciò che noi non siamo in grado di fare.
Lo sguardo deve essere sempre rivolto verso di noi: siamo in grado di chiedere a noi stessi di rinunciare alla TV, al tablet, al telefonino o adduciamo sempre qualche scusa “seria” e importante come “lo faccio per lavoro…”?
Siamo in grado di osservare il nostro stato di dipendenza da questi oggetti? Facciamolo, in maniera seria, senza prese di posizione e comportiamoci come vorremmo che loro si comportassero: l’esempio è la più grande strategia educativa.
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